“…That tribal Portuguese tendency called bairrismo – a reference to bairros or neighbourhood… a metaphor for small defensive groupings in business, politics or society”, The Portuguese, Barry Hatton, p. 30.
Digressione sui portoghesi. L’interessante libro-indagine è uscito nel Regno Unito nel 2011 ed in Portogallo nel 2012, quindi è un po’ datato, però offre un ritratto vivace e brillante dei portoghesi, della storia portoghese e del loro “way of life” secondo Barry Hatton, corrispondente della Associated Press dal 1997, residente in Portogallo dal 1986, moglie portoghese e figli… anche.
Hatton evidenzia le contraddizioni del paese e dei suoi abitanti: la rivalità tra Porto e Lisbona, il profondo gap generazionale tra giovani e i loro genitori, la contrapposizione tra città e non-città.
Andiamo con ordine: Porto sta a Barcellona e, volendo estendere il paragone all’Italia, a Milano come Lisbona sta a Madrid o Roma. Porto è austera e tradizionalista, vi fervono gli affari e l’economia galoppa, Lisbona è la capitale sprecona, affascinante e dedita (come l’Algarve) agli schemi “get-rich-quick” legati ai diversi boom immobiliari (seguiti dai “busts”).
Le differenze generazionali sono molte e profonde, da una parte la “insular mentality” (detto da un britannico…), il classismo e l’invidia, definita da Hatton “a national trait” (p. 147) degli adulti che hanno sperimentato il regime salazarista, dall’altra il cosmopolitismo, la collaborazione, i sorrisi dei giovani. Ovviamente Hatton generalizza, è un giornalista e non uno storico o un sociologo, e benché la bibliografia sia vasta, l’autore attinge sia agli scritti che alla sua personale esperienza.
Ancora più profonde le differenze tra città e non-città. Va detto che la maggior parte del territorio non è urbano, ma non è provincia e non è campagna, talvolta è coltivato, in ogni caso è spopolato, in assenza di un termine migliore va inventata una nuova categoria: la “non-città” (definizione nostra)o meglio il Portogallo “rural”. La non-città è verde, e con le sue colline rammenta a Hatton della Toscana ( i britannici adorano la Toscana) per i vigneti e gli uliveti, che qui crescono accanto a pini ed eucalipti, aranci e limoni, fichi d’india e mandorli. Purtroppo una parte considerevole del suolo nel centro del Portogallo è coltivato ad eucalipti per soddisfare la lobby dell’industria della carta e in queste piantagioni il fuoco si propaga molto, molto rapidamente. Questo è il motivo degli estesi incendi che interessano le foreste portoghesi. Il Portogallo è attraversato da numerosi corsi d’acqua e punteggiato da “albufeiras”, bacini artificiali con spiagge fluviali e lacustri che, essendo quasi prive di servizi, non possono competere con le spiagge di sabbia fine che si estendono lungo tutta la costa portoghese.
Una delle differenze tra città e il paese rurale è il ritmo. Fuori dai centri urbani il tempo si dilata, il ritmo è sedato, (tranne al volante), la puntualità è sporadica, “l’anarchic way of life” (p. 216) ha la meglio sull’ordine se non sulle regole. Anzi, il concetto di puntualità è quasi sconosciuto. E’ la mentalità del piccolo villaggio dove vivono 2 o 3 famiglie da generazioni e tutti sono imparentati tra loro. Un ambiente che con il suo impenetrabile intrico di relazioni familiari risulta poco accogliente verso chi non appartiene al territorio o meglio alla famiglia.
Barry Hatton è britannico così come la sua prospettiva. Il suo stupore talvolta può stupire un lettore del sud (di questa strana) Europa, che non può non riconoscere alcuni tratti comuni, non può fare a meno di riconoscersi nello specchio che Hatton porge, (…ay, he does hold the mirror up to Southern Europe…)
Resta un’interessante lettura per scoprire in breve la storia recente del Paese, le prospettive future e godersi “a revealing portrait of an inconspicuous and fascinating country”.
Buona lettura!
Adeus, até à próxima!